Petilia

Petilia è una cantina campana a conduzione strettamente famigliare impegnata nella valorizzazione dello straordinario patrimonio vitivinicolo irpino. Situata nella contrada di Pincera in località Campo Fiorito, all’interno del comune di Altavilla Irpina, la tenuta è guidata dai fratelli Teresa e Roberto Bruno, la prima responsabile dell’aspetto commerciale e burocratico mentre il secondo impegnato nella cura dei vigneti e delle vinificazioni. Fino al 1999 la famiglia Bruno vendeva le uve coltivate a cantine della zona ma con l’ingresso dei due fratelli nell’attività ha iniziato a commercializzare vini sotto la propria etichetta. In particolare a dare il via al progetto fu Roberto, il quale spinto dall’amore per la terra decise di abbandonare i proficui studi in Fisica Nucleare per dedicarsi alla coltivazione del Greco di Tufo, inizialmente contro il volere del padre. Il nome Petilia significa “piccola patria” e riprende il toponimo di un accampamento greco che sorgeva in antichità proprio a Campo Fiorito.

Circondati da erbe spontanee, fiori di campo e alberi di castagni e acacie, i vigneti della tenuta Petilia si estendono su 20 ettari, riservati esclusivamente alle varietà tradizionali Greco, Fiano, Aglianico e Falanghina. Le viti poggiano su terreni calcarei e tufacei di origine vulcanica, contraddistinti da un’altissima abbondanza di elementi minerali, fattore che contribuisce alla complessità aromatica e alla vena minerale dei vini. Le altitudini superano anche i 600 metri sul livello del mare, le esposizioni vanno da sud-est a sud-ovest mentre la conduzione agronomica adottata da Teresa e Roberto si rifà ai principi dell’agricoltura biologica. Per i bianchi le pressature delle uve sono molto soffici e tutti i vini fermentano con lieviti indigeni in vasche di acciaio inox a temperatura controllata. Inoltre, l’utilizzo di solforosa è ridotto al minimo.

Quelli della cantina irpina Petilia sono vini affascinanti, ricchi di aromi e fortemente legati al territorio di origine, perle preziose dell’Irpinia. Le attenzioni dei fratelli Bruno sono rivolte in particolare al Greco di Tufo, con interpretazioni che calcano lo straordinario timbro sapido-minerale della denominazione.