Regione | Veneto (Italia) |
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Ettari vitati | 6.5 |
Produzione annuale | 18.000 bt |
Indirizzo | Via IV Novembre, Monselice (PD) |
Il Castello di Lispida, “.. erano soprattutto la vite, l’olivo e il mandorlo che contribuivano a creare il suggestivo e tipico paesaggio arquatese”, così Petrarca amò definire i vasti panorami inseriti nel Parco Naturale dei Colli Euganei, di cui gode anche questa cantina, sita nel rinomato paese medievale di Arquà Petrarca, che si distingue per la bellezza singolare. I 90 ettari della tenuta tra Padova e Venezia vedono i propri natali risalire al 1150, quando Papa Eugenio III siglò il possesso del Colle all’ordine monastico di Sant’Agostino. Un luogo ricco di fascino e reso ancor più bucolico dalla posizione isolata e tranquilla, che, dopo essere passato per diverse proprietà tra cui il Doge della Repubblica di Venezia e, più tardi, Vittorio Emanuele III , verso la fine degli anni ’50 riprende la propria vocazione viticola impiantando nuovi vigneti e applicando programmi di vinificazione tradizionali, legati ad una filosofia preindustriale.
I bianchi e i rossi del Castello di Lispida crescono su filari che non vengono trattati con diserbanti, concimi o fertilizzanti chimici, gli elementi nutritivi vengono ricavati dall’erba che viene regolarmente falciata e lasciata deteriorare sul posto. È stato promosso un programma di aumento della biodiversità attraverso l’inserimento di 100 nidi, in cui trovano rifugio uccelli, ma anche pipistrelli e insetti di vario tipo. Le uve Merlot, Sangiovese, Tocai, Ribolla vengono vendemmiate manualmente e poste in piccole cassette che ne conservino l’integrità, tutte subiscono il processo di vinificazione attraverso una fermentazione alcolica interamente svolta in anfora, così come la fase di affinamento, che per i rossi più corposi termina con alcuni mesi in rovere francese.
I vini del Castello di Lispida si distinguono per l’approccio filosofico adottato dalla cantina stessa, che vede nella conservazione della fertilità del suolo, nel rispetto della natura e della biodiversità, il futuro dei frutti della propria terra. Ci vengono così regalate etichette dal sorso intenso e mai scontato, particolarmente piacevoli, a volte anche dalla grande bevibilità, in un rimbalzare continuo tra sensazioni fresche e dirette e note balsamiche, calde e avvolgenti. La riflessione e la conversazione profonda ben accompagnano questi piacevoli calici, che ben rappresentano questo meraviglioso fazzoletto di terra da visitare, che tanto aveva fatto innamorare anche Francesco Petrarca.