Tra le antiche varietà locali coltivate sulle scogliere litorali della Liguria si è ritagliato un posto d’onore il famoso Pigato. Le espressioni più note ricadono nella zona compresa tra Imperia e Albenga, sul versante di ponente, perché risentono della forte influenza del mare e sono dotate di una pregevole freschezza. Inoltre ha trovato successo anche nelle aree preappenniniche, dove il clima più rigido e l’altitudine più alta danno alla luce prodotti più delicati e profumati. Il suo nome deriva dall’espressione del dialetto ligure “pigau” che identifica il tipico manto macchiato dell’acino. Dalle ultime analisi del DNA il vitigno si è rivelato molto simile al Vermentino, al punto da essere considerato un suo clone, anche se la maturazione e la sua tipica pigmentazione color ruggine lo contraddistinguono come un prodotto unico nel suo genere: un’espressione tipica, radiosa e mediterranea del mondo enologico italiano.
Tra le antiche varietà locali coltivate sulle scogliere litorali della Liguria si è ritagliato un posto d’onore il famoso Pigato. Le espressioni più note ricadono nella zona compresa tra Imperia e Albenga, sul versante di ponente, perché risentono della forte influenza del mare e sono dotate di una pregevole freschezza. Inoltre ha trovato successo anche nelle aree preappenniniche, dove il clima più rigido e l’altitudine più alta danno alla luce prodotti più delicati e profumati. Il suo nome deriva dall’espressione del dialetto ligure “pigau” che identifica il tipico manto macchiato dell’acino. Dalle ultime analisi del DNA il vitigno si è rivelato molto simile al Vermentino, al punto da essere considerato un suo clone, anche se la maturazione e la sua tipica pigmentazione color ruggine lo contraddistinguono come un prodotto unico nel suo genere: un’espressione tipica, radiosa e mediterranea del mondo enologico italiano.
Difficile stabilire quali siano i natali del miglior Pigato e di come sia arrivato nella terra ligure. Probabilmente, come la maggior parte delle viti italiane, proviene dalla Grecia. Infatti sembra che la prima apparizione sia avvenuta nel Medioevo, quando la Repubblica di Genova, attraverso una delle sue colonie mercantili, lo importò dalle isole del Mar Egeo. Alcuni recenti studi sembrano screditare questa ipotesi e, servendosi dell’analisi genetica, hanno dimostrato come si sia evoluto da una mutazione spontanea del Vermentino, già presente sul territorio ligure, legittimandolo quindi come un autoctono della regione. Questa teoria potrebbe quindi legare il suo passato a quello del suo probabile padre. Il suo nome deriverebbe anche dalla formula latina picatum che identificava i nettari dolci e aromatizzati dei Romani, aprendo quindi la strada ad una nuova teoria sulle sue origini.
Il primo documento attestato risale al 1883 nel Bollettino Ampelografico in cui vengono spiegate le sue caratteristiche, il tipico colore a macchie dell’uva e le zone di produzione che si concentravano principalmente nell’areale di Albenga e in provincia di Imperia, tutt’ora considerate le sue aree più vocate. Da qui cominciò il suo successo, che con gli anni si incrementò fino al marzo 1988 quando venne registrato come Pigato Doc.
La Liguria, stretta tra le montagne e il mare, è una zona che richiede un’attenta cura per la produzione vitivinicola. La parte costiera è ricca di una varietà sorprendente di flora: palme, pini marittimi e ulivi che si affacciano direttamente sul mare. Nell’entroterra l’area è più collinare, ma è presto interrotta da boschi di castagno e pinete. In questa piccolo lembo di terra trovano spazio le viti che sorgono su tipiche terrazze di antica tradizione locale.
L’habitat naturale del Doc Pigato è circoscritto tra Albenga e Imperia, sulla riviera ligure di ponente, nel quale i terreni bianchi su cui poggiano le viti sono di origine limo-argillosa e risentono fortemente del mare, rendendo i vini bianchi ricchi di sentori marini, di una muscolosa sapidità e solari con una pregevole vena acida. Affianco a queste interpretazioni più fresche e giovani si sono contraddistinte anche versioni più strutturate, dotate di un profilo aromatico più complesso, caratterizzato, oltre dagli intensi sentori di macchia mediterranea, erbe aromatiche, agrumi, frutta a polpa bianca e fiori bianchi, anche da richiami di resina, pino e mandorla. Tra tutte le grandi espressioni della regione merita di essere citato il Pigato Bruna, che è in grado di raccontare fedelmente il territorio della Liguria con grande personalità.
Nella zona più interna, a ridosso degli Appennini, la montagna domina sul mare. Ci troviamo vicino ai comuni di Ranzo e Valle Arroscia dove i suoli sono più ricchi di ferro e conferiscono al Pigato una leggera e piacevole nota minerale. Nascono quindi espressioni più leggere e più fresche, meno concentrate, ma con uno spettro olfattivo più ricco e profumato.
Il vino Pigato è considerato tra i bianchi più apprezzati di tutta la regione. Infatti deve in parte il suo successo alla facilità e versatilità con il quale si abbina a piatti a base di pesce della cucina regionale e orientale. Nelle versioni più leggere e giovani stupisce se affiancato a insalate di mare, tartare di salmone, sashimi, crostacei al vapore e frittelle di borragine. In questo caso consigliamo di servirlo ad una temperatura più bassa che si aggira tra gli 8°-10°C in calici a tulipano di media apertura.
Le interpretazioni più corpose e invecchiate possono accompagnare anche piatti più sofisticati e complessi, come zuppe vegetali, trofie al pesto, pansoti in salsa di noci, formaggi di media stagionatura e carni bianche alla griglia, alzando leggermente la temperatura di servizio fino ai 10°-12°C.
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