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Albana Secco

L’Albana Secco è una specialità che si identifica strettamente con il suo territorio di produzione in Romagna, nelle colline forlivesi e ravennati. Un territorio che, a partire dall’epicentro di Bertinoro, si estende a sud, verso le rive del Rubicone, e nord fino alle colline di Brisighella e Faenza. Questa varietà di uva veniva tradizionalmente appassita e vinificata dolce dai contadini locali ma, negli ultimi anni, una grande riscossa qualitativa promossa da vignaioli artigiani ha sempre più valorizzato la versione secca, non di rado macerata sulle bucce. Si tratta di un bianco dal carattere indomito e selvaggio, dotato di corpo, struttura e calore, spesso in grado di esprimere un corredo aromatico intenso, ricco e variopinto, capace di stupire e di emozionare.

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L’Albana Secco è una specialità che si identifica strettamente con il suo territorio di produzione in Romagna, nelle colline forlivesi e ravennati. Un territorio che, a partire dall’epicentro di Bertinoro, si estende a sud, verso le rive del Rubicone, e nord fino alle colline di Brisighella e Faenza. Questa varietà di uva veniva tradizionalmente appassita e vinificata dolce dai contadini locali ma, negli ultimi anni, una grande riscossa qualitativa promossa da vignaioli artigiani ha sempre più valorizzato la versione secca, non di rado macerata sulle bucce. Si tratta di un bianco dal carattere indomito e selvaggio, dotato di corpo, struttura e calore, spesso in grado di esprimere un corredo aromatico intenso, ricco e variopinto, capace di stupire e di emozionare.

Origini storiche e leggendarie del vitigno romagnolo

Questo vitigno autoctono era già conosciuto in antichità, come testimoniano gli scritti di Plinio il Vecchio, Catone e Varrone. La sua etimologia può essere ricondotta al termine latino “albus”, cioè bianco. Questa ipotesi fa pensare a come, già in epoca remota, questo vitigno fosse considerato in Romagna il “bianco” per eccellenza, opposto al “rosso” Sangiovese. Altri ipotesi riconducono l’etimologia ad un’improbabile origine germanica, dove esisteva una varietà oggi estinta chiamata Elbling, o addirittura al territorio dei Colli Albani. Secondo una leggenda, l’imperatrice romana Galla Placidia, stanziata a Ravenna, capitale dell’Impero Romano d’Occidente, avrebbe assaggiato un bianco prodotto da un contadino di un anonimo paese, servito in un’umile brocca di terracotta. Entusiasta dalla bontà di quel bianco, avrebbe esclamato: “non di sì rozzo calice sei degno, bensì di berti in oro”. A partire da questa esclamazione il paese di produzione del bianco assaggiato dall’imperatrice venne chiamato Bertinoro e, ancora oggi, è il più importante comune di coltivazione e vinificazione di questa varietà autoctona.

La prima descrizione completa della varietà è attribuita allo scrittore e agronomo bolognese Pietro de’ Crescenzi e risale ai primi anni del XIV secolo: “un poco lungo abbiente il granello, e fa assai grandi grappoli e spessi e lunghi, e mezzolanamente fruttifica”. Nei secolo successivi una prolifica tradizione di studi ampelografici ha portato all’identificazione di più cloni e alcune diversità. La tipologia più comune rimane comunque quella tradizionale e più diffusa denominata Gentile di Bertinoro. Per via della sua personalità calda e intensa, per la buccia degli acini molto grossa e per la forte vocazione all’appassimento, i contadini locali delle provincie di Forlì e Ravenna erano soliti lasciare appassire i grappoli al sole per ottenere dei passiti intensi da accompagnare con la classica ciambella e con pasticceria secca. Negli ultimi anni una nouvelle vague di produttori ha puntato molto sulle potenzialità del vitigno vinificato secco, dando alla luce espressioni sorprendenti e molto interessanti, non di rado ottenute seguendo una filosofia produttiva biologica e biodinamica e di stretta aderenza territoriale. Tra i miglior Albana Secco si distinguono il ‘Sabbia Gialla’ della Cantina San Biagio Vecchio, oltre all’Arcaica del vignaiolo artigiano Paolo Francesconi, al ‘Vitalba’ di Tre Monti, al ‘Santa Lus’a di Ancarani e al ‘Mezzelune’ di Ca’ dei Quattro Archi.

Gli habitat dell’Albana Secco

La tradizione identifica il territorio più vocato nel comune di Bertinoro, sulle colline forlivesi. Tuttavia questo vitigno viene tradizionalmente coltivato in tutto la Romagna e, soprattutto, nel territorio collinare della provincia di Ravenna, tra Faenza e Brisighella. Alcune delle migliori espressioni secche provengono oggi dalle colline di Imola, grazie soprattutto al lavoro di un’importante cantina come Tre Monti e alla prolifica attività di vignaioli artigiani come quelli di Ca’ dei Quattro Archi. Le principali zone di produzione sono quindi: le colline di Bertinoro, dove i terreni sono costituiti da argilla, calcare e sabbia; Oriolo dei Fichi, sull’Appennino faentino, dove il terreno è composto da sabbia gialla; Brisighella, dove troviamo brillanti vignaioli anticonvenzionali come Paolo Babini di Vigne dei Boschi; le Colline di Imola e le prime Colline di Faenza, dove hanno sede Paolo Francesconi e la Fattoria Zerbina. Il successo e la diffusione del vitigno in tutto il territorio regionale ha favorito il riconoscimento della Docg nel 1987. All’epoca questo vino bianco fu tra i primi a raggiungere questo importante traguardo, consolidato poi dall’importante valorizzazione dovuta al lavoro di tanti bravi produttori enologici.

Caratteristiche e abbinamenti regionali

Questa tipicità si distingue all’interno del panorama dei vini romagnoli per carattere, struttura e personalità. Per via della generosa produttività, della ricchezza di zucchero dei suoi grappoli e della buccia spessa e dorata, le espressione enologiche che si producono sono spesso caratterizzate da irruenza, calore e corpo. Per valorizzare e far esprimere integralmente queste precise peculiarità, molto produttori privilegiano lunghe macerazioni sulle bucce, dando vita ad espressioni intense, complesse ed anti-convenzionali, di forte aderenza territoriale. In altri casi, invece, si sceglie di ottenere dei bianchi più freschi e semplici attraverso fermentazioni controllate in acciaio senza macerazioni. Queste ultime espressioni possono accompagnare piatti di pesce a base di pescato dell’Adriatico, oltre che rallegrare aperitivi e serate estive. Più spesso gli abbinamenti con l’ Albana Secco prevedono una cucina verace e saporita, come quella dell’entroterra collinare romagnolo. I piatti consigliati sono i brodetti di pesce, con immancabile presenza di seppie e canocchie, affettati misti, primi piatti come la pasta la forno o le lasagne e carni bianche da pollame o coniglio.

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