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Vini Senza Solfiti Aggiunti

Nella categoria dei vini senza solfiti aggiunti o minimi abbiamo considerato tutti quelli prodotti senza solfitaggio, oppure con un’aggiunta minima, comunque inferiore ad un valore totale di 30 mg/l , così come viene dichiarato dal produttore. I solfiti sono sostanze presenti in natura , usate dai produttori in fase di vinificazione e di imbottigliamento per le loro proprietà conservanti, antimicrobiche e antiossidanti. Come tutti gli allergeni, possono causare disturbi a persone ipersensibili; per questo motivo la legislazione europea ha fissato un limite massimo di quantità . Oggi alcuni produttori hanno scelto di non farne uso o di limitare le quantità, cercando di elaborare, a seconda dell’annata, nuove soluzioni, venendo incontro così alle richieste di molti consumatori, sempre più attenti alla propria salute e alla genuinità dei prodotti. Scopri la selezione dei migliori vini senza solfiti aggiunti in vendita online su Callmewine.

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90 -@@-8-Wine Spectator
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Nella categoria dei vini senza solfiti aggiunti o minimi abbiamo considerato tutti quelli prodotti senza solfitaggio, oppure con un’aggiunta minima, comunque inferiore ad un valore totale di 30 mg/l , così come viene dichiarato dal produttore. I solfiti sono sostanze presenti in natura , usate dai produttori in fase di vinificazione e di imbottigliamento per le loro proprietà conservanti, antimicrobiche e antiossidanti. Come tutti gli allergeni, possono causare disturbi a persone ipersensibili; per questo motivo la legislazione europea ha fissato un limite massimo di quantità . Oggi alcuni produttori hanno scelto di non farne uso o di limitare le quantità, cercando di elaborare, a seconda dell’annata, nuove soluzioni, venendo incontro così alle richieste di molti consumatori, sempre più attenti alla propria salute e alla genuinità dei prodotti. Scopri la selezione dei migliori vini senza solfiti aggiunti in vendita online su Callmewine.

Prima dei vini senza solfiti: la solfitazione in cantina

Anidride solforosa, bisolfito di potassio e bisolfito di sodio sono le tre sostanze a cui i produttori enologici e agroalimentare ricorrono più spesso per prevenire possibili ossidazioni del vino. Il principale motivo del loro utilizzo riguarda infatti le loro proprietà conservanti e stabilizzanti, a cui si aggiungono anche proprietà disinfettanti e antibatteriche. Queste sostanze, disponibili in stato liquido o gassoso, ma più comunemente in polvere, rientrano nella categoria degli allergeni in quanto possono causare disturbi di varia natura a chi ha un organismo sensibile nei loro confronti. Se assunti in grande quantità, i solfiti possono essere causa di fastidiosi sintomi anche nei soggetti non ipersensibili, tra cui l’emicrania e la ricorrente sensazione del cerchio alla testa.

Il processo di aggiunta dei solfiti

In cantina l’addizione di queste sostanze può avvenire in diverse fasi:

  • sull’uva raccolta, in modo da contrastare gli agenti microbici prima della fermentazione;
  • durante tutta la fase della fermentazione, in particolare nel corso di travasi o nelle fasi finali del processo, quando il mosto ricco di microorganismi è più esposto ad agenti esterni;
  • in fase di imbottigliamento, per favorire la conservazione del vino ed evitare che vada incontro a processi di deterioramento.

L’aggiunta di sostanze conservanti e stabilizzanti può riguardare quindi l’intero processo produttivo, dalla raccolta dell’uva all’imbottigliamento. Queste operazioni riguardano ogni categoria enologica, dai vini rossi ai vini bianchi, dagli spumanti al vino rosato, per non parlare dei passiti e dei cosiddetti “muffati”, esposti più di ogni altro a diversi rischi.

La normativa sulle quantità di solfiti

La quantità di additivi, che è necessario mantenere moderata per non compromettere la genuinità del prodotto, non è affidata solamente alla coscienza degli enologi. La norma UE 203/2012 dell’8 marzo 2012 stabilisce infatti i limiti massimi per tutelare la salute dei consumatori, riducendo quelli già previsti dal Regolamento 606/2009. I valori massimi consentiti per le tipologie più diffuse sono:

  • 100 mg/l per vini rossi con residuo zuccherino inferiore a 2 mg/l;
  • 150 mg/l per vini bianchi e rosati con residuo zuccherino inferiore a 2 mg/l;
  • 155 mg/l per gli spumanti di qualità;
  • 220 mg/l, 270 mg/l, 320 mg/l oppure 370 mg/l a seconda della tipologia di vino dolce.

Questi sono alcuni valori massimi previsti dal Regolamento Europeo. Il motivo per cui, in presenza di residuo zuccherino, sono ammessi valori più alti è legato alla necessità di conservare l’equilibrio organolettico in presenza di zuccheri non svolti, che potrebbero innescare una rifermentazione.

La tendenza comune per le produzioni di qualità è comunque quella di tenersi ben al di sotto di questi limiti massimi e il discorso vale soprattutto per la produzione di vini artigianali, che molto spesso non superano valori di 30 o 40 mg/l venendo quindi considerati vini senza solfiti aggiunti.

Vini senza solfiti aggiunti: caratteristiche e tipologie

La pratica della solfitazione è molto antica e appartiene alla cultura dell’uomo. Non è, come molti pensano, un’introduzione dell’enologia moderna per produrre in modo industriale. Già gli Antichi Romani utilizzavano il biossido di zolfo, presente allo stato naturale in prossimità dei vulcani, per disinfettare i tini di fermentazione.

Ad oggi non sono state trovate alternative altrettanto efficaci ma, sotto la spinta delle richieste dei consumatori, molti produttori hanno cominciato a ridurre le quantità utilizzate, arrivando in alcuni casi a produrre vini senza solfiti aggiunti. È il caso di produttori come cantina Movia e cantina Dettori che, per la produzione delle migliori etichette, evitano ogni tipo di additivi enologici.

Per limitarne o abolirne l’uso senza pregiudicare la conservazione del prodotto finale è però opportuno rispettare alcuni requisiti e tenere conto di alcune soluzioni alternative, tenendo presente che:

  • una rigorosa gestione agronomica e un’accurata selezione in fase di raccolta favorisce la produzione di grappoli sani dalla carica microbica moderata;
  • all’interno della cantina le condizioni igieniche devono essere ottimali;
  • la concentrazione di polifenoli, ottenuta tramite macerazioni sulle bucce, svolge una funzione protettiva contro fenomeni di ossidazione e deperimento;
  • il contatto con l’ossigeno del mosto e del prodotto finale deve essere limitato per evitare fenomeni di ossidazione;
  • le bottiglie di vino prodotte non “protette” dall’anidride solforosa devono essere conservate in condizioni ottimali in cantina.

È bene tenere presente però come una leggera quantità di solfiti si sviluppi naturalmente in fase di fermentazione, per cui, salvo casi rari o eccezionali, quantità minime sono sempre presenti.

Dato che la legge impone ai produttori di specificare la loro presenza se superano il valore di 10 mg/l, molti vini senza solfiti aggiunti riportano paradossalmente in etichetta questa indicazione. Un fatto da tenere presente è che, roteando il calice, con una buona ossigenazione, può liberarsi fino al 40% di anidride solforosa contenuta all’interno della bottiglia.

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